Poltrona di Proust Monumentale

Alessandro Mendini

Con un quadratino di 2 x 2 cm si può coprire l’intera superficie del mondo, proprio come re Mida trasformava in oro tutto quello che toccava

Alessandro Mendini

Mendini è stato una figura chiave nella storia di Bisazza, un ambasciatore, un ispiratore e il direttore artistico dell’azienda dal 1995 al 1999. Quando ha rilevato l’incarico, il suo obiettivo dichiarato era quello di donare al mosaico una nuova prospettiva. Al tempo, ha affermato che il suo utilizzo era stato “relegato alle moschee o alle piscine di Miami”. Non solo lo ha impiegato nei suoi progetti, che fossero il Paradise Tower di Hiroshima o il Groninger Museum nei Paesi Bassi, ma ha dato anche avvio alle collaborazioni con altri designer e artisti. 

Le sue opere alla Fondazione Bisazza sono particolarmente degne di nota per le dimensioni colossali. “Ciò ha portato a una sorta di paradosso dimensionale”, ha asserito, “in cui l’oggetto ha perso ogni funzione ed è quasi esclusivamente un’opera visiva, un’opera d’arte”. Il resto della carriera di Mendini parla da sé. La sua fama è accreditata non solo grazie alle sue opere architettoniche e di design, ma è noto anche come grande teorico del design. È stato direttore di “Casabella” e “Domus”, membro dei gruppi Global Tools e Alchimia e ha collaborato con numerosi altri marchi come Hermès, Cartier e Venini.

Credo sia ormai piuttosto conosciuta a molte persone quella mia opera chiamata Poltrona di Proust. È una romantica poltrona barocca, sulla quale sono pennellati a mano infiniti punti policromi, con la tecnica del divisionismo. Punti che la invadono tutta, sulla stoffa e sui decori del legno.

È un’opera di re-design. Infatti risulta dal collage fra una poltrona finto-antica e il particolare di un prato del pittore francese Signac.
A partire dal 1978 la Poltrona di Proust ha avuto continue varianti e novità nei colori e nei materiali, fino a essere fatta anche in ceramica e in bronzo, e ha viaggiato in tutto il mondo. Avevo da tempo un sogno nascosto, quello di vederla diventare grande, molto grande, fuori scala. Ingrandita per trasformarsi in monumento, in simbolo urbano.

Per la mostra ‘Art of Italian Design’ di Atene 2005, si desiderava collocare in strada, davanti al museo, un macro-oggetto fatto di quel mirabile materiale divisionista che è il mosaico di vetro. Magari una torretta, un chiosco, un souvenir molto italiano. ‘Fai una grandissima Poltrona di Proust’ ha suggerito Piero Bisazza, intuendo e dando vita al mio sogno inespresso. Una collaborazione, quella fra me progettista e Piero industriale, fatta di continue e precise intese. ‘OK, va bene’, gli ho risposto.

Il progetto era difficile e complesso in tutti i sensi: statico, logistico, dei materiali, delle paste vetrose e dei loro colori e combinazioni. Un lavoro virtuoso da sviluppare con tecniche manuali nella fabbrica Bisazza. Ora, miracolo, esiste anche la Poltrona di Proust Monumentale.

Non è più solo una poltrona, è una scultura e forse una architettura.
La sua superficie multicolore in vetro porta al limite più estremo l’intenzione espressiva nata con la prima poltrona, quella di immaginare una cosa, una nebulosa irreale e pulviscolare, un miraggio energetico e immateriale. Il puntinismo inteso come frammento e ricomposizione visiva della materia.

Alessandro Mendini